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Trattenute aggiuntive sulla busta paga se ci si avvale della cessione del quinto di stipendio: è lecito? La Corte di Cassazione ha espresso pareri chiari: no, non è possibile detrarre dalla busta paga alcun extra sulla cessione del quinto.
Corte d’Appello: no ad extra in busta paga
La Corte d’Appello di Milano si è pronunciata in maniera molto chiara, definendo “illecito” il comportamento di alcune aziende di procedere con la detrazione di somme mensili – alcune piccole, altre piuttosto ingenti – dalla busta paga dei propri dipendenti che avevano usufruito delle opzioni di prestito utilizzando il quinto dello stipendio.
Particolarmente utile per dipendenti con contratti affidabili, la cessione del quinto è utilizzata in molti contesti: dal prestito di somme di vario tipo, al pagamento di altre spese dilazionate nel tempo. Tuttavia, in alcune aziende decidere di usufruire di questa possibilità creava una situazione molto particolare, dove l’azienda si riservava una ‘quota spese amministrative’ sulla busta paga dei dipendenti.
La Corte d’Appello ha voluto far chiarezza, andando ad indagare la legittimità di questa detrazione per colmare misteriose ‘spese amministrative e di gestione’ descritte da alcune aziende. Il risultato è stata una casistica di sentenza assolutamente a favore dei lavoratori, i quali hanno dovuto agire tramite citazioni in tribunale e seguenti battaglie legali per aver riconosciuto l’illecito amministrativo sulle loro buste paga.
Il cosiddetto “balzello” non è però escluso del tutto dagli stipendi dei dipendenti pubblici, i quali già in passato hanno visto enti statali come l’INPDAP applicare le cosiddette detrazioni per “fondi credito” ai pagamenti mensili, anche per coloro già in pensione. Un prelievo forzoso che era stato corretto direttamente da una nuova legge finanziaria nel 2007, ma che per i privati continua ad esistere.
Balzelli e INPS: le similitudini
Sorte simile, quella corretta da questa sentenza, per i dipendenti pubblici con gestione INPS. Il balzello introdotto Settembre scorso sul fondo di solidarietà residuale, è ancora oggetto di aspre critiche, che non potranno che aumentare vedendo l’attuale situazione legislativa riguardante somme simili – e ragioni simili – sui contratti dei privati.
Quello che ci si aspetta è che questi numerosi balzelli, apparentemente “nascosti” nelle buste paga sotto citazioni di varie misure, possano essere al più presto corrette, ponendosi come base l’attuale casistica di sentenza della Corte d’Appello e l’attuale definizione di “illecito” per quanto concerne queste pratiche.
Una sentenza che, comunque, può ancora essere ribaltata da eventuali ricorsi in Cassazione, i quali però sembrano inutili, vista la profonda investigazione compiuta sui casi da parte degli organi competenti. Alle aziende coinvolte è già stato chiesto di sanare la situazione, ma alcune di queste hanno preferito ridurre questa detrazione, piuttosto che rimuoverla anche a coloro che non avevano portato il proprio caso in Tribunale.
Decisioni apparentemente inspiegabili, in quanto i prestiti agevolati sono fatti proprio da coloro le cui situazioni finanziarie dovrebbero essere prese maggiormente in considerazione. Se per i dipendenti pubblici i balzelli rappresentano, di media, circa 90€ l’anno, per i privati queste cifre si aggirano a circa il 30% in più, numeri che se sembrano a prima vista di poco conto, rappresentano spesso ulteriori sacrifici da affrontare, a fronte di salari mensili messi a dura prova da tasse ed imposte di vario tipo.
L’altra campana
Ascoltando le aziende coinvolte, tuttavia, la gestione dei dipendenti che decidono di usufruire del quinto di stipendio richiede alcune manovre aggiuntive nella parte amministrativa, andando quindi a giustificare, da parte loro, queste presunte trattenute. Per la Corte d’Appello, però, queste trattenute non sono commisurate alla spesa effettiva di qualsiasi tipo di gestione. Rimane comunque un mistero il perché certe condotte siano tuttora tollerate e cosa, effettivamente, vadano a coprire queste detrazioni mensili. Se le aziende decideranno, potranno ulteriormente chiarire le loro ragioni davanti alla Cassazione, oppure sistemare la questione, secondo le sentenze ricevute.