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Preventivo per la Cessione del Quinto: un Esempio di Calcolo della Rata

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In tempi come quelli che stiamo vivendo, trovare liquidità sembra essere davvero un’impresa.

Spesso si sente la necessità di richiedere prestiti e mutui che però non vengono erogati.

A tal proposito, non tutti sanno che in Italia esiste la possibilità di ottenere un prestito a titolo personale che porta il nome di cessione del quinto.

Tale tipologia di credito non è nuova, ma anzi risale al secondo dopoguerra, ed in particolare al 1950, anno in cui venne istituita e regolamentata.

Benché sia a tutti gli effetti un finanziamento, è doveroso riconoscere come vi siano delle sostanziali differenze rispetto all’erogazione di fondi a titolo personale che gli istituti di credito sono soliti fare.

Innanzitutto, la Cessione del Quinto è un debito che si estingue in maniera totalmente automatica, tramite l’immediato addebito in busta paga allo scadere della rata.

Non si devono quindi fare bonifici o aprire un conto corrente appositamente destinato all’erogazione e all’estinzione del finanziamento, in quanto sarà direttamente chi ha concesso il prestito a recuperare quanto gli è dovuto.

Altra distinzione consiste nell’importo massimo associato a ciascuna rata, perché questo si calcola direttamente in base all’ammontare dello stipendio netto di chi chiede il prestito.

Secondo la normativa, la Cessione del Quinto non può estinguersi con una rata che abbia un importo superiore al quinto dello stipendio netto di chi lo richiede.

Questo vincolo è direttamente connesso all’importo massimo erogabile dall’istituto di credito: vi è l’obbligo, infatti, di consentire una durata massima del finanziamento pari a 120 mesi, vale a dire 10 anni.

Ciò significa che ciascuno può conoscere da subito l’importo massimo consentito, moltiplicando il quinto del proprio stipendio al netto delle imposte per il numero massimo di rate, equivalenti a 120.

Ad ogni modo, è doveroso precisare che nessun istituto di credito competente è disposto ad erogare un prestito avente una durata maggiore rispetto a quello del rapporto di lavoro di chi lo richiede.

Con tale precisazione si fa riferimento a quei lavoratori i quali chiedono la cessione del quinto del proprio stipendio ad un’età già avanzata, quando secondo legge risultano avanzare ancora pochi anni di lavoro.

Una clausola importante è destinata ad interessare i dipendenti pubblici, i quali possono avanzare il diritto di chiedere e ottenere la cessione del quinto addebitando la rata prevista direttamente sullo stipendio.

Per i dipendenti pubblici, inoltre, vi è un’ulteriore vantaggio: vale a dire la possibilità di estinguere immediatamente il debito, oppure eventualmente traslarlo sulla propria pensione.

Chiaramente, in questo ultimo caso, durata, importo della rata e importo massimo erogabile potrebbero subire delle variazioni, in accordo con l’istituto erogatore e con la normativa vigente.

A proposito della durata del prestito, va detto inoltre che solitamente il numero minimo di rate addebitabili sono 24, vale a dire che il finanziamento ha una durata minima di 2 anni.
Le condizioni risultano dunque abbastanza chiare, ma la domanda che molti si staranno ponendo è: chi ne ha diritto?

L’enigma è di immediata soluzione.

La cessione del quinto è un finanziamento che viene concesso a tutti coloro che hanno uno stipendio, non necessariamente a tempo indeterminato, ma per lo meno utile a fornire le necessarie garanzie.

E’ ben chiaro che i lavoratori che più degli altri possono ottenere questo tipo di finanziamento sono gli statali, appartenenti alla Pubblica Amministrazione e aventi un contratto a tempo indeterminato.

Però la normativa, aggiornata dalla legge del 14 maggio 2005, parla chiaro e chiarisce che la cessione del quinto è una tipologia di prestito destinata anche alle categorie di lavoratori dipendenti para-statali o privati.

Per quest’ultima categoria, però, bisogna ammettere che la banca o l’ente finanziario potrebbe eventualmente riservarsi di concedere il finanziamento dopo aver opportunamente valutato le necessarie garanzie volte a coprire eventuali imprevisti.

Per quanto riguarda i criteri di valutazione di dipendenti privati, va detto che questi vengono valutati anche in funzione dell’azienda per cui lavorano.

In particolare, vengono considerati il capitale sociale, il numero di dipendenti e soprattutto la politica societaria in materia di cessioni finanziarie concesse ai propri lavoratori.

Bisogna sottolineare come ogni situazione sia a parte rispetto alle altre, in quanto è capitato che alcune aziende vengano valutate positivamente e poi perdano successivamente tale beneficio.

Ad oggi, vi è la possibilità anche da parte dei pensionati a richiedere la cessione del quinto dello stipendio, ma come si può ben immaginare, vi sono delle condizioni importanti da tenere a mente.

Innanzitutto, il richiedente non può avere un’età anagrafica superiore a 90 anni, anche se tale età è spesso ridotta specialmente da parte delle compagnie assicurative, le quali non sono solite andare oltre gli 85 anni d’età.

Detto questo, vi è comunque una nota positiva per coloro che si trovano nella cosiddetta terza età e vogliono richiedere la cessione del quinto: molti gruppi bancari, infatti, arrivano anche ad un massimo di 95 anni d’età.

Incredibile ma vero, e il motivo consiste nel fatto che tali istituti fanno ricorso al fondo previdenziale INPDAP, una sorta di polizza assicurativa che ha proprio l’obiettivo di coprire eventuali insolvenze da parte dei pensionati statali.

Esiste, infatti, la possibilità per tutti coloro che lavorano nell’Amministrazione pubblica, di versare mensilmente dei contributi per un fondo INPDAP.

Le riserve di questo fondo rappresentano una garanzia nel caso in cui il debitore perda la vita e non abbia dunque la possibilità di estinguere il proprio prestito.

In tal caso, la famiglia dell’interessato può dormire notti tranquille, perché non verrà preoccuparsi di saldare il debito, in quanto sarà proprio questo Fondo Rischio a farlo in loro vece.

Per concludere questa parte iniziale, è necessario sapere che il finanziamento necessita comunque di garanzie, nonostante l’addebito avvenga direttamente sullo stipendio.

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La società finanziaria, infatti, ha il diritto di chiedere che venga stipulata un’assicurazione su rischi vita ed impiego.

La mancata sottoscrizione di tale assicurazione potrebbe compromettere tutto l’iter che porta all’erogazione del prestito.

Nel caso in cui ci sia un rischio per l’impiego, la società finanziaria potrebbe intervenire direttamente sul TFR, vale a dire il trattamento di fine rapporto, che il richiedente ha maturato fino a quel momento, andando a rendere indisponibile l’importo richiesto ai fini assicurativi.

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Come e dove richiedere la Cessione del Quinto

La Cessione del Quinto non può essere erogata da tutti gli Istituti di credito a cui solitamente si fa riferimento quando si vuol chiedere un finanziamento.

In particolare, possono concedere il credito soltanto gli istituti di credito e di previdenza delle pubbliche amministrazioni, l’Istituto nazionale delle assicurazioni, le società di assicurazione, gli istituti e le società esercenti il credito escluse quelle costituite in accomandata semplice, le casse di risparmio e i monti di credito su pegno.

Ma a questi si aggiungono anche alcuni istituti bancari, appositamente inseriti nella lista di quelli a cui si può richiedere il prestito.

In questo caso, il consiglio è sempre quello di rivolgersi ad istituti di credito statali, ma nel caso in cui ci si senta più a proprio agio con istituti bancari, allora conviene prima chiedere in maniera preventiva se il prestito è concesso.

In ogni caso, è bene sapere che sarà la Banca d’Italia ad occuparsi di tutte le attività di prevenzione e contrasto al riciclaggio del terrorismo internazionale, che solitamente avviene durante l’iter che porta all’erogazione del credito.

Di conseguenza, in ogni caso il lavoratore voglia chiedere la cessione del quinto, dovrà comunque rivolgersi ad un mediatore creditizio iscritto all’albo tenuto dalla Banca d’Italia.

Questo sarà a tutti gli effetti una persona terza che avrà lo scopo di mediare tra il richiedente e l’istituto di credito a cui il lavoratore si rivolge per l’erogazione del finanziamento.

Sarà poi compito delle società creditizie pagare il dovuto al mediatore, il quale diventa a tutti gli effetti un attore necessario affinché tutto l’iter burocratico vada a buon fine.

In ogni caso, non bisogna lasciarsi trarre in inganno nel caso in cui il mediatore avvalli delle richieste di pagamento, assolutamente non dovute, a colui che ha intenzione di chiedere la cessione del quinto dello stipendio.

In ogni caso, per una maggiore sicurezza, è bene sapere che il lavoratore può controllare che il mediatore sia effettivamente la persona più adatta a ricoprire quel ruolo, controllando che questo sia iscritto all’albo ISVAP alla sezione E.

A tal fine, è doveroso specificare che l’interessato può anche rivolgersi direttamente al mediatore finanziario, qualora non voglia affidarsi personalmente a banche o altri istituti di credito.

Passiamo adesso ad un altro importante aspetto relativo alla cessione del quinto: il comportamento del datore di lavoro.

Considerando che tale debito tramite immediata detrazione dalla busta paga, il datore di lavoro ne è direttamente coinvolto.

A tal fine, è bene specificare che questo è obbligato ad accettare una richiesta di cessione del quinto dello stipendio da parte di un suo lavoratore, nel caso in cui ne faccia richiesta.

Il datore di lavoro, però, è tenuto a rispettare degli obblighi contestualmente alla sottoscrizione del contratto.

In primo luogo, il datore di lavoro si impegna e trattenere l’importo relativo alla rata mensile direttamente dalla busta paga del proprio dipendente.

Inoltre, tale importo deve essere chiaramente versato all’istituto di credito che ha concesso il credito.

L’obbligo del datore di lavoro persiste durante tutta la durata dell’ammortamento del debito, ma solo finché perdura un rapporto di lavoro tra il dipendente ed il datore.

Nel caso di interruzione di lavoro per motivi di licenziamento, dimissioni, aspettativa, o qualsiasi altra valida motivazione, il datore di lavoro è legittimato ad interrompere l’obbligo di versare la rata all’istituto creditizio.

Bisogna comunque precisare che anche se il datore di lavoro è colui che si impegna a versare all’istituto di credito la rata dovuta, però non è mai direttamente responsabile del mancato pagamento o di errata corrispondenza della rata o dell’estinzione del debito.

Però la domanda sorge quasi spontanea: come fare nel caso in cui il dipendente interrompe il rapporto di lavoro con l’azienda?

In quel caso, sarà ancora compito del datore di lavoro trattenere la somma maturata dal dipendente presso l’azienda e versarla interamente all’istituto creditizio in questione.

Tale somma dovrà essere utilizzata per estinguere parte del debito, se non tutto.

Qualora il lettore si stia chiedendo quale sia la somma maturata dal dipendente, è bene sapere che questa fa riferimento alla liquidazione maturata, al trattamento di fine rapporto, ma anche all’ultimo stipendio, alla tredicesima, alle ferie non godute.

Va comunque sottolineato che il datore di lavoro non è in nessun altro caso coinvolto nel rapporto tra il dipendente e l’istituto di credito, ed in nessun altro caso è obbligato nei confronti di questi due attori.

Ma vediamo adesso con esempi concreti quali sono le modalità di calcolo dell’importo totale del credito e della rata dovuta, con pratici esempi esemplificativi.

Chiaramente, si deve precisare che ogni esempio è puramente di carattere indicativo, e non vuole in alcun modo sostituire il lavoro dell’intermediario né smentire eventuali decisioni di istituti di credito.

Ogni istituto creditizio ha il diritto di non concedere il finanziamento qualora non vi siano le necessarie tutele e garanzie.

Preventivo per la Cessione del Quinto: Esempio di calcolo

Quando si chiede la cessione del quinto dello stipendio, ci si deve aspettare una struttura finanziaria molto precisa.

Innanzitutto, la rata non potrà mai superare il 20% dello stipendio netto del richiedente.

L’importo della rata è chiaramente specificato al momento della stipula del contratto e rimane fisso per l’intero periodo di ammortamento.

La periodicità di rimborso è mensile, come avviene solitamente per l’estinzione dei debiti.

Eventuali variazioni dell’ammontare della rata non possono essere avvallati né dal creditore né dal debitore, a meno che non si tratti di rinnovo ante termine.

A tal proposito, è bene specificare che si può rinnovare il prestito qualora siano trascorsi almeno 2/5 del periodo di ammortamento, vale a dire qualora sia stato rimborsato almeno il 40% del debito.

In caso in cui non ci siano queste condizioni, è possibile comunque chiedere un rinnovo passando da una durata di 60 mesi ad una di 120 mesi per una sola volta.

Per quanto riguarda il tasso di interesse, questo è previsto fisso ed ingloba tutti i costi di gestione del finanziamento, anche quelli relativi alla polizza assicurativa che obbligatoriamente bisogna sottoscrivere.

Proprio la polizza assicurativa diviene un vincolo importante per la concessione del quinto dello stipendio.

I dipendenti statali sono maggiormente avvantaggiati perché più inclini a ricevere l’appoggio delle compagnie assicurative.

Adesso entriamo nel dettaglio e facciamo degli esempi concreti.

Primo Esempio di Cessione del Quinto

Prendiamo come primo esempio un dipendente (statale o non) che in busta paga registra 1200 euro al netto delle imposte e decide di chiedere la cessione del quinto.

Innanzitutto, bisogna considerare che all’anno il lavoratore avrà un reddito netto di 15600 euro, considerando anche l’ammontare della tredicesima.

Di conseguenza, si capisce bene che al mese il lavoratore può disporre di 1300 euro netti, per cui il quinto di tale importo ammonta a 260 euro.

Quest’ultimo è il corrispettivo rateale che il dipendente può versare.

Ponendo come ipotesi che il lavoratore voglia impegnarsi per non più di 24 mesi, che solitamente è la durata minima del finanziamento, allora si ottiene che l’importo che può ottenere ammonta a 6240 euro e non oltre.

Se invece vuole usufruire della durata massima di 120 mesi, allora può ottenere un finanziamento pari a 31200 euro.

L’importo non sarà però esattamente così, perché bisogna considerare sia il tasso di interesse che la percentuale associata alle spese accessorie e alla polizza assicurativa che obbligatoriamente bisogna sottoscrivere.

Facendo nuovamente un calcolo, dunque, il montante su cui il dipendente può contare è di 15600 euro l’anno.

Se si considerano un tasso d’interesse del 5% pari a 780, un valore dell’assicurazione pari a 468 e spese accessorie del 4% pari a 624, allora si arriva ad un capitale netto per il richiedente pari a 13728 euro.

Di questi, si possono considerare ogni mese un ammontare di 1144 euro.

Il quinto di questa cifra corrisponde all’ammontare della rata, che equivale a 228 euro.

Si capisce dunque che il finanziamento minimo che il lavoratore a queste condizioni può richiedere ammonta a 5472 euro, mentre l’importo massimo a cui si può arrivare è di 27360 euro.

Nel caso in cui il lavoratore dovesse trovarsi a perdere il lavoro mentre il finanziamento è ancora in corso, non vi saranno grossi problemi perché sarà il Fondo Rischio a ripagare l’istituto di credito.

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Secondo Esempio di Cessione del Quinto

Vediamo adesso quali sono le possibili situazioni in cui può incorrere un pensionato che si rivolge ad un mediatore finanziario per ottenere la cessione del quinto.

Va detto che i pensionati hanno accesso a questo tipo di finanziamento senza particolari difficoltà, ma probabilmente l’importo della polizza assicurativa, esclusivamente relativa al rischio vita, risulterà più alto.

Questo parametro è a discrezione dell’istituto di credito, il quale valuta se vi sono le condizioni e calcola importi e rate.

Ad ogni modo, se vi è un pensionato con una pensione di 1000 euro netti al mese, significa che l’ammontare annuale, tredicesima inclusa, è di 13000 euro.

A questi vanno tolti il tasso d’interesse, che se supponiamo essere di 5% è di 650 euro, le spese accessorie di gestione, sempre intorno al 4% quindi di 520 euro, e la polizza assicurativa, che supponiamo essere leggermente più alta di quella destinata ad un dipendente, per cui del 7%, quindi pari a 910 euro.

Si comprende bene che il pensionato in questione può in realtà disporre di 10920 euro.

Di conseguenza, il calcolo diventa semplice, perché il quinto risulterà essere pari a 182 euro.

Per una durata minima del finanziamento di 24 mesi si avrà un credito pari a poco più di 4300 euro, fino ad arrivare ad un importo massimo di 21840 euro.

Se il pensionato richiedente dovesse perdere la vita mentre il finanziamento risulta in corso, gli eredi non dovranno preoccuparsi perché la polizza sottoscritta coprirà la parte mancante di debito.

Lo stesso semplice calcolo può essere fatto per un dipendente che decide di chiedere la cessione del quinto del proprio stipendio e di traslare però l’estinzione direttamente sulla pensione.

In questo caso, sarà la società creditizia a cui ci si rivolge a calcolare la fattibilità di tale richiesta, in base all’anno in cui è previsto l’accesso alla pensione ed all’importo mensile da cui si partirà per il calcolo della rata.

Ma vediamo anche quali sono altri situazioni in cui si può incorrere quando si chiede la cessione del quinto del proprio stipendio.

Terzo Esempio di Cessione del Quinto

In particolare, poniamo il caso di un lavoratore che ha uno stipendio mensile netto di 1200 euro e che al netto del tasso di interesse, polizza assicurativa e spese accessorie può contare su un ammontare di circa 12000 euro.

Mettiamo il caso che il richiedente abbia deciso di chiedere un prestito di 10000 euro e si sia pertanto impegnato per una durata complessiva di 50 mesi.

Nel caso in cui, mentre è ancora in corso il finanziamento, il debitore voglia rinnovare il prestito ante termine, vale a dire voglia chiedere un ulteriore cessione del quinto prima che finisca di pagare quello appena contratto, è necessario anzitutto che la durata del finanziamento sia estesa a 120 mesi.

In quel caso, sarà il mediatore finanziario a calcolare con esattezza l’importo della rata, tenendo sempre in considerazione che questa non potrà eccedere il quinto dello stipendio.

Nel caso in questione, dunque, avendo il quinto dello stipendio corrispondente a 200 euro, può chiedere fino ad un massimo di 24000 euro, escludendo l’importo che ancora deve saldare derivante dal precedente finanziamento.

Simile è la questione del debitore che si trova a voler passare alla durata di 120 mesi quando ha già contratto un debito di inferiore somma e durata.

In questo caso, può decidere di ricevere più soldi in prestito, oppure semplicemente di ricalcolare la rata sulla durata massima prevista per questo tipo di finanziamento.

Come si deduce facilmente, varie sono le soluzioni, ma ogni situazione deve essere valutata in maniera corretta da chi ne ha la competenze.

Pro e Contro della Cessione del Quinto

Bisogna da subito precisare che la cessione del quinto è uno dei finanziamenti più vantaggiosi tra quelli che attualmente il lavoratore può chiedere.

Innanzitutto, perché rappresenta una soluzione immediata per chi ha bisogno di liquidità, e poi perché è garante di un tipo di contratto finanziario che non va solo a vantaggio di chi concede il prestito, ma anche di chi ne beneficia.

Questo perché la rata non può eccedere il quinto dello stipendio al netto delle imposte, per cui si ha la sicurezza che non vi saranno cambiamenti né possibilità di variazioni contrattuali unilaterali svantaggiose.

Unitamente a questo, vi è da dire che proprio per la modalità di rimborso prevista, tale finanziamento annulla ogni tipo di insolvenza da parte del debitore, per cui anche coloro che precedentemente hanno già richiesto un credito e sono stati indicati come cattivi pagatori possono dormire sonni tranquilli.

Altro vantaggio di questo finanziamento è il tempo necessario a svolgere tutte le pratiche burocratiche: solitamente è molto poco, considerato che l’unica garanzia che serve è proprio lo stipendio al netto delle imposte.

Una volta valutata la possibilità a procedere, ci vorrà molto poco perché poi i soldi vengano effettivamente concessi.

Altro vantaggio che ancora pochissimi conoscono sta nel fatto che tale finanziamento può essere sottoscritto anche online: per chi volesse dunque può evitare di andare direttamente in filiale, ma anche quest’ultima soluzione non è da scartare, specialmente per chi vuole avere un contatto diretto con il mediatore finanziario.

Tra gli svantaggi rientrano i costi delle spese di gestione e accessorie, che talvolta possono arrivare anche a superare il 20% dell’importo.

Motivo per cui, nel momento in cui si sottoscrive il contratto, è utile e assolutamente indispensabile leggere attentamente tutte le clausole ed in particolare il tasso effettivo (Teg) che indica appunto tutte le spese che si dovrà andare a sostenere.

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